Con una superficie di circa 9,6 milioni di chilometri quadrati e oltre 1,4 miliardi di abitanti, la Cina è il terzo Paese al mondo per estensione territoriale nonché il primo in termini demografici. Le dimensioni del Paese sono tali – e le distanze interne sono così ampie – che si afferma comunemente che una singola Provincia cinese sia di per sé assimilabile ad uno Stato europeo: si pensi che la terza provincia cinese per estensione, il Sichuan, con i suoi 485,000 chilometri quadrati è paragonabile alla Spagna.

Così come ciascuno Stato membro dell’Unione Europea presenta proprie peculiarità, in Cina ciascuna provincia presenta caratteri distintivi ed un peculiare contesto economico ed imprenditoriale.

Il millenario Paese del Dragone storicamente si divide in quattro macro-regioni: la Cina centrale e occidentale (comprendente, tra l’altro, le province di Guizhou, Yunnan e la municipalità di Chongqing); la Cina nord-orientale (comprendente, tra l’altro,  le municipalità di Pechino e Tianjin, insieme alle province di Liaoning, Jilin e Heilongjiang); la Cina nord- occidentale (comprendente, tra l’altro, le province dello Shaanxi, Gansu e Qinghai); infine,  l’area costiera a sud-est (comprendente, tra l’altro,  le province di  Fujian, Jiangsu, Shandong, Zhejiang, Guangdong e la municipalità di Shanghai).

Dall’adesione della Cina all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) – che ha determinato cambiamenti storici per l’economia cinese, tra importanti riforme politiche – l’integrazione della Cina nell’economia mondiale e nella società globale non è stata del tutto priva di attriti, anche considerando la sperequazione dei livelli di sviluppo tra le varie aree del Paese, che vede le Province delle regioni costiere orientali e meridionali godere, tradizionalmente, di livelli più elevati di reddito e di capitale umano, di tecnologie più avanzate, e di vantaggi logistici rispetto alle a quelle delle regioni centrali, occidentali e nord-orientali. Il divario, tuttavia, si è progressivamente assottigliato negli ultimi anni, con modalità e dinamiche innovative.

————————————————–

 

Un’inversione di tendenza?

 

Nell’ultimo decennio, le regioni centrali ed occidentali hanno assistito ad una crescita più rapida rispetto alle regioni orientali. Ed invero, dal momento che i costi per l’insediamento in realtà sviluppate quali Shanghai, Nanchino, Suzhou etc. sono diventati molto onerosi, molte società manifatturiere multinazionali, alla ricerca di impianti industriali di grandi dimensioni e manodopera qualificata, si sono trasferite nelle province interne.  Al contempo la regione nord-orientale, nota come “rust belt” (letteralmente, “la cintura di ruggine” della Cina), in quanto sede delle principali industrie pesanti del  Paese, sta superando un momento critico, grazie a riforme strutturali ed incentivi dal governo centrale.

 

Tuttavia, nonostante questi progressi, le province orientali sono ancora in testa in termini di manodopera qualificata, capacità di innovazione ed esportazione. Infatti, nonostante rappresentino meno del 20% del territorio cinese, esse hanno da sole contribuito al 51,3% del PIL nazionale nel 2020.  Tanto premesso, come possono le regioni centrali ed occidentali diventare più competitive?

 

Integrazione regionale facilitata

 

Alcuni piani di sviluppo regionale, tra cui “Go West” (“spostarsi ad ovest”), “Revitalize North-East” (“dare nuova linfa al nord-est”), “Accelerate the Rise of the Central Region”  (“accelerare lo sviluppo della regione centrale”) e “Promote Modernization of the East” (“promuovere la modernizzazione dell’est”) sono stati una pietra miliare nello sviluppo di queste aree in passato. Tuttavia, con uno sguardo al futuro, Pechino è più focalizzata sullo sviluppo sostenibile e digitale della propria economia. Alla luce di queste considerazioni, come possono le regioni interne integrarsi in questo contesto?

Il progetto “Eastern Data and Western Computing” (“sistemi informatici dell’occidente cinese per i dati delle regioni orientali”) è stato lanciato ufficialmente dopo il 14° Piano quinquennale (Piano strategico per lo sviluppo economico e sociale della Repubblica Popolare Cinese tra il 2021 e il 2025 – di seguito denominato “Piano”) approvato nel marzo 2021. Trattasi di un ambizioso progetto che mira a inviare agli hub informatici dell’ovest del Paese, ai fini dell’elaborazione ed archiviazione, dati raccolti nelle città di prima fascia situate ad est.

In base al Piano sono stati già stabiliti quattro hub informatici nelle regioni occidentali, e si pianifica la costituzione di altri dieci centri nazionali. Si stima che il progetto riceverà investimenti per 400 miliardi di RMB (circa 56 miliardi di EURO) all’anno, che saranno allocati alla costruzione di hub informatici e banche dati, e che genererà nuove opportunità di lavoro. Va notato, a questo proposito, che attualmente in Cina le società UE stanno revisionando attentamente le loro attività di raccolta ed elaborazione dei dati al fine di assicurarne la conformità alle nuove leggi sulla sicurezza informatica e protezione dei dati personali, in modo non dissimile a quanto avvenuto in Europa con il GDPR.

In particolare, gli aspetti su cui gli investitori stranieri dovranno porre maggiore attenzione riguardano la localizzazione dei dati, per quanto riguarda l’archiviazione, il trattamento e il trasferimento. Tali aspetti devono essere tenuti in considerazione anche in relazione alle dimensioni dell’impresa e all’eventuale qualificazione come “infrastruttura informatica chiave”, anche in termini di volume di dati personali trattati, che comporta l’applicazione di requisiti aggiuntivi.

Il rispetto di tali requisiti di localizzazione dei dati e le restrizioni al trasferimento transfrontaliero dei dati rappresentano un potenziale ostacolo alle attività commerciali. Secondo il sondaggio delle imprese (“business confidence survey”) della Camera di Commercio dell’Unione Europea 2021, il 33% delle imprese UE prevede che l’evoluzione della legge sulla sicurezza informatica avrà un impatto negativo notevole sulla propria impresa nei prossimi cinque anni.

Sin dalla promulgazione di tale normativa, la Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina ha espresso preoccupazioni per la mancata armonizzazione della normativa cinese in materia di protezione dei dati alle normative applicabili in Paesi terzi (come il citato GDPR), con conseguente difficoltà per le aziende di ottemperare a molteplici normative in un contesto imprenditoriale sempre più globalizzato.

Con particolare attenzione al settore dell’informatica, le imprese UE del settore sempre nel Business Confidence Survey della Camera Europea in Cina hanno citato disparità di trattamento rispetto alle imprese cinesi, in particolare il 79% delle società intervistate ha prospettato un impatto negativo legato alla legge sulla sicurezza informatica cinese, anche considerando che alle societa’ a partecipazione straniera è sovente preclusa l’aggiudicazione di appalti pubblici nel settore delle telecomunicazioni e infrastrutture di rete a causa di ostacoli normativi e barriere al mercato.

Pertanto, il Piano “Eastern Data and Western Computing”, per i potenziali investitori comunitari, potrebbe costituire un’opportunità interessante in termini di supporto professionale nella gestione della sicurezza dei dati nel mercato domestico cinese e al di fuori, ma a condizione di una maggiore apertura del settore informatico agli investimenti esteri.

A titolo di confronto, il trattamento concesso negli ultimi anni alle società informatiche cinesi che hanno investito nell’Unione Europea è stato generalmente favorevole: basti pensare all’investimento del colosso tecnologico Tencent per l’acquisizione di una quota di maggioranza di Supercell, famoso produttore finlandese di videogiochi per dispositivi mobili; o all’acquisizione di WorldFirst, società inglese nel settore dei cambi valutari, da parte di Ant Financial, il colosso cinese di servizi finanziari controllata da Alibaba. Il tema dell’uniformazione del trattamento deve essere dunque affrontato al fine di garantire la reciprocità dei rapporti commerciali.

Un’altra tematica affrontata dal Piano Quinquennale riguarda lo sviluppo sostenibile, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di monossido di carbonio e raggiungere l’obiettivo della neutralità delle emissioni entro il 2030. Il Progetto “West to East Power Transmission” (“Trasmissione energetica dall’ovest all’est”), una delle iniziative chiave nell’ambito della menzionata politica del “Go West”, pone l’accento sulle energie rinnovabili e sull’energia sostenibile, attraverso la costruzione di grandi impianti di produzione di energia rinnovabile nelle regioni occidentali del Paese e progetti di investimento in infrastrutture green e destinati a rientrare nel Piano. Poiché il progetto di decarbonizzazione della Cina è in rampa di lancio, ciò potrebbe aprire maggiori investimenti per le società italiane ed europee, che da tempo sviluppano e danno priorità alle strategie a impatto zero sull’ambiente.